L’era del petrolio sta per finire.
L'umanità dovrà adeguarsi a nuove forme d'energia. Tra queste ce n'è
una che potrebbe, se sfruttata adeguatamente, avere la forza di cambiare
il mondo. È il concetto base attorno al quale Jeremy Rifikin, presidente
della Foundation on Economic Trends di Washington; professore alla Wharton
School of Finance and Commerce, autore di saggi come il Secolo biotech,
L'era dell'accessoe il più recente Ecocidio, ha scritto il
suo nuovo libro, intitolato Economia all'Idrogeno, la creazione del
Worldwide Energy Web e la redistribuzione del potere sulla terra(Mondadori,
pagg. 340, euro 17,60).
Il libro propone un'ipotesi interessante: l’uso dell'idrogeno come
fonte d'energia primaria e la costruzione di una rete energetica
decentralizzata, che secondo Rifkin è completamente rivoluzionaria.
"Nei
prossimi anni", sostiene lo studioso, "la rivoluzione informatica e delle
telecomunicazioni, associata a quella imminente dell'energia
dell'idrogeno, costituirà un mix di tale potenza da riconfigurare
radicalmente le relazioni umane nel corso del ventunesimo e ventiduesimo
secolo. Poiché si trova ovunque, ed è inesauribile, se adeguatamente
sfruttato, l'idrogeno consentirà a ogni essere umano di 'avere potere, diventando la base del primo regime energetico realmente
democratico nella storia dell'umanità".
Il libro racconta il mondo di oggi così com'è, parla di economia, certo,
ma anche di ecologia, di sviluppo sostenibile.
Dipinge scenari
nel tempo e racconta le avvincenti ipotesi della tecnologia del futuro, i
drammi dei poveri del mondo e la termodinamica di Roma antica, il
bio-terrorismo e l'incognita islamica, in un linguaggio sempre chiaro, con
uno stile che, come nei libri precedenti, è avvincente e sicuro.
Incontriamo Rifkin proprio nel giorno dell'anniversario dell'attacco alle
Torri Gemelle e la prima domanda è quasi inevitabile.
In che modo gli avvenimenti dell'11 settembre hanno influenzato la
realizzazione di questo libro?
Avevo manifestato ai miei editori il mio interesse sull'argomento già un
paio di anni fa, ma non avevo avuto reazioni
positive. Stavo quindi scrivendo un altro libro quando c'è stato
l'attentato alle torri. A quel punto ho chiamato di nuovo i
miei editori e ho detto che l'avrei scritto comunque, con o senza di loro.
Questo libro non dipinge lo scenario del mondo dopo l'11 settembre, ma
la fine di un'epoca. L’11 settembre è solo l'istante di una crisi più
grande e più complessa, che sta attraversando tutto il mondo e che è
strettamente correlata con il petrolio Quali sono gli elementi di questa crisi?
Innanzi tutto il global warming il surriscaldamento della
crosta terrestre. È senza dubbio la crisi più grande the abbia colpito
l'umanità, nulla di simile è mai accaduto prima. È il lato oscuro del
la rivoluzione industriale. Abbiamo usato carbone, petrolio, metano,
abbiamo avuto benefici importanti ma abbiamo prodotto enormi quantità di
anidride carbonica che sono nell'atmosfera e impediscono al calore di
disperdersi. È stata una questione astratta per l’opinione pubblica
fino a questa estate, quando le alluvioni in tutta Europa, le siccità
negli Stati Uniti, e i problemi nel sud-est asiatico hanno reso chiaro a
tutti che c'è qualcosa che non va' nel nostro sistema, che il clima è
cambiato profondamente e cambierà ancora, portando con sé ulteriori
disastri, siccità, alluvioni, incendi, l'innalzamento del livello dei
mari. Si calcola che al ritmo odierno la temperatura crescerà nei
prossimi cento anni tra 1.5 e 5.8 gradi E il divario tra paesi ricchi e poveri ?
Si, c'è il grande .drammatico divario tra chi ha è chi non ha, tra
popolazioni povere ,tra i pochi hanno le risorse e chi non ha ancora
accesso all'acqua, al calore, alla. luce, all'energia. Oggi molti degli
stati più poveri.del mondo spendono, per pagare gli interessi sui debiti
contratti nel passato per acquistare petrolio ed energia, molto più di
quello che sarebbe necessario per offrire alle proprie popolazioni i
servizi fondamentali. È una spirale irreversibile che li conduce verso.la
miseria e la disperazione E il Medio Oriente?
Il terzo problema è il Medio Oriente. Osama bin Laden ha iniziato la sua
battaglia quando gli americani hanno stabilito le loro basi in Arabia Saudita, e
incita i suoi seguaci a riappropriarsi della terra sacra, istituendo lo Stato islamico
universale è portando il prezzo del petrolio a 144 dollari al barile.
Adesso Bush vuole attaccare l'Iraq perché dice che ha armi per la distruzione
di massa. Anche io sono d'accordo, se Saddam avesse quelle armi prima
o poi le userebbe, ma Bush sa bene che l'Iraq è il secondo produttore
di petrolio al mondo dopo l'Arabia Saudita, e che la guerra la fa per
"liberare" i pozzi di petrolio. Sa che nel giro di pochi anni
tutte le
risorse petrolifere del pianeta saranno concentrate nel Medio Oriente. La
nostra economia, il nostro stile di vita, sono oggi basati sui carburanti
fossili, sul petrolio. Ma il petrolio non è eterno, gli
esperti ci dicono che abbiamo ancora 40 anni fino a raggiungere il picco
della produzione e che poi il petrolio inizierà a esaurirsi. Molti geologi
dicono che potremmo avere meno di 40 anni di tempo e che la prossima crisi
petrolifera sarà permanente. Cosa accadrà allora? Probabilmente, se non
scegliamo strade diverse, torneremo a usare carbone o altri combustibili
che manderanno nell'atmosfera anidride carbonica in quantità ancora maggiori,
con ricadute sulla biosfera ancora più devastanti di quelle già
previste.
Sembra uno scenario senza vie d'uscita.
Invece una speranza c'è. Uscire dal petrolio ed entrare in una nuova era: quella
dell'idrogeno. La nostra non è la prima società costretta ad affrontare
una crisi energetica di queste dimensioni. L'energia ha sempre giocato un
ruolo determinante nel l'ascesa e nella caduta delle civiltà, anzi,
come sottolineo nel libro parlando dell'impero romano, sono convinto che sia proprio
l'economia energetica a determinare i fattori di crollo di molte civiltà
del
passato. Solo che noi, a differenza delle civiltà precedenti,abbiamo
modo di essere preparati a quello che può accadere.
L'idrogeno è il più leggero e diffuso elemento in natura, se trasformato in
fonte d'energia diventa il "carburante perpetuo". Come?
In pochi anni potrebbe accadere quello che è 4 già
successo con la diffusione dei personal computer nelle case e negli uffici: ognuno potrebbe
comprare celle a combustibile alimentate a idrogeno,tenerle in casa o in ufficio e produrre energia. L'energia
prodotta in eccesso potrebbe, da ognuno, essere rivenduta ad altri. Nascerebbe così
una rete energetica mondiale dell'idrogeno, sui modello di Internet decentralizzata in grado
di democratizzare per la prima volta nella storia la produzione e la distribuzione di energia. Un cambiamento che ha bisogno di tempo e denaro.
Certo, l'idrogeno non si trova libero, va prodotto e questo ha del costi. Ma mantenere l'attuale
regime costa e costerà in futuro sempre di più, molto di più. In termini economici, ma anche ambientali.
La scelta è prendere forme rinnovabili di energia e cercare di
conservarla. Si può generare localmente l'energia eolica, quella solare, fotovoltaica, idrica, quella
geotermica, elettrolizzarla per produrre elettricità con un processo chimico, conservare l'idrogeno
e inserirlo in una cella combustibile, come quelle già disponibili. Emissioni zero, nessuna dipendenza dal
petrolio. L'Unione Europea sta già scegliendo le energie rinnovabili, il 22 percento dell'elettricità deve
arrivare da fonti rinnovabili entro otto anni. L'Europa può essere il motore di questa rivoluzione.
E in particolare l'Italia L'Italia?
Si conosco bene il vostro paese e so che avete un'esperienza davvero unica al mondo: quella della rete delle
piccole industrie collegate tra loro e al tempo presenti sul mercato globale. Il vostro modello
di sviluppo vi ha portato a essere una delle prime potenze mondiali, senza grandi corporation. È
un modello che funziona e si adatta magnificamente all'Energy web del futuro. Le piccole unità
produttive possono nella nuova economia all'idrogeno, essere ognuna produttrice d'energia per sé e per gli altri. Essere tutti collegati. E' una rivoluzione non solo economica, ma anche culturale.
Abbiaino pensato a creare la World Trade Organisation ma prima avremmo dovuto fare la World Cultural Organitation.
Il commercio è un'estensione della cultura. Fatti come quelli dell'11 settembre dimostrano che viviamo nello stesso
mondo, ma non ci conosciamo. Certo molta parte della nostra cultura non piace ai musulmani,
come de1 resto ci sono cose dell'Islam che non piacciono a noi.
Non dico che ci dobbiamo per forza piacere, ma dobbiamo almeno provare a conoscerci.